La logica della difesa in guerra
Ogni guerra attraversa un momento in cui la possibilità di avanzare si arresta e la priorità diventa resistere. L’idea di “difendere a ogni costo” non è solo una decisione tattica, ma una strategia complessa che coinvolge la logistica, la psicologia, l’economia e la comunicazione. Nell’attuale conflitto in Ucraina, la resistenza contro un nemico più potente ricorda, per molti aspetti strategici, la situazione affrontata dalla Wehrmacht tedesca dopo la sconfitta di Stalingrado (1943), quando la Germania nazista passò da una guerra di conquista a una guerra di logoramento e sopravvivenza.
Confrontare queste due realtà — pur profondamente diverse per contesto politico, morale e tecnologico — permette di comprendere meglio la natura della difesa prolungata, le sue sfide e le sue conseguenze. In entrambi i casi, la guerra si trasforma in una prova di resistenza collettiva, in cui la capacità di mantenere la coesione interna e la volontà politica diventa tanto importante quanto la forza militare.
Il concetto di “difesa ad oltranza”: significato strategico e storico
La difesa ad oltranza è una strategia in cui l’obiettivo non è tanto vincere immediatamente, quanto impedire al nemico di prevalere. È la guerra della logorante attesa, del consumo lento delle risorse, della ricerca di tempo. Nella teoria militare, è una tattica che spesso segue a una fase di espansione fallita o a una sconfitta strategica.
Dopo Stalingrado (1942–1943), la Wehrmacht si trovò in una posizione simile: le sue offensive erano esaurite, le perdite enormi, e l’Unione Sovietica aveva preso l’iniziativa. Da quel momento, il comando tedesco adottò una strategia difensiva, cercando di stabilizzare il fronte orientale, fortificare le linee e sfruttare la superiorità tecnica e disciplinare dei propri reparti. Tuttavia, la difesa ad oltranza della Wehrmacht era anche il riflesso di un sistema politico totalitario, incapace di ammettere la ritirata o il compromesso.
Nel caso dell’Ucraina, la strategia difensiva ha una natura diversa: nasce dalla necessità di preservare la sovranità e l’identità nazionale contro un’invasione esterna. Tuttavia, con il passare del tempo, anche qui il conflitto ha assunto tratti di guerra di attrito, in cui la resistenza prolungata si è trasformata in una condizione strutturale. Le analogie tattiche con la Wehrmacht dopo Stalingrado emergono soprattutto nella gestione del territorio, nella riorganizzazione logistica e nella necessità di mantenere alto il morale di truppe e civili.
La Wehrmacht dopo Stalingrado: dalla guerra lampo alla difesa disperata
La battaglia di Stalingrado segnò un punto di svolta nella Seconda guerra mondiale. Fino ad allora, la Germania aveva costruito il proprio successo sulla rapidità — la Blitzkrieg, la guerra lampo — che mirava a disarticolare il nemico prima che potesse reagire. Ma dopo la disfatta sul Volga, la Wehrmacht si trovò costretta a combattere una guerra statica e difensiva, contro un nemico in crescita costante di uomini e risorse.
Le direttrici di questa nuova strategia furono tre: consolidare le linee del fronte orientale, rallentare l’avanzata sovietica e guadagnare tempo per produrre nuove armi e riorganizzare le forze. Le grandi battaglie difensive del Dnepr, di Kursk e dell’Ucraina orientale dimostrano come l’obiettivo principale non fosse più la conquista, ma la sopravvivenza politica e militare del Reich.
Il comando tedesco sapeva che ogni chilometro guadagnato dal nemico avvicinava la guerra al cuore dell’Europa. Tuttavia, Hitler impose la dottrina del “non arretrare mai”, vietando ritirate anche tattiche e condannando intere armate a distruzione. Ciò trasformò la difesa in una forma di sacrificio sistematico: un modo per mantenere un’illusione di forza, al prezzo dell’annientamento progressivo delle risorse.
L’Ucraina e la guerra di logoramento: una difesa moderna
Nel XXI secolo, la guerra non si combatte più solo con armi convenzionali. L’Ucraina, dal 2022, si trova in una condizione di difesa continua, in cui ogni metro di terreno diventa simbolicamente e politicamente cruciale. La “difesa ad oltranza” di Kiev non è dettata da un comando autoritario, ma dalla necessità di mantenere la coesione nazionale e il sostegno internazionale.
A differenza della Wehrmacht, che combatteva per preservare un regime, l’Ucraina combatte per la sopravvivenza di uno Stato indipendente. Tuttavia, entrambe condividono una realtà comune: la difficoltà di sostenere a lungo una guerra di attrito. L’economia si logora, la popolazione si stanca, la tecnologia evolve più rapidamente della capacità di rimpiazzare le perdite.
Come la Germania del 1943, anche l’Ucraina si trova a dipendere fortemente dall’industria bellica esterna: se la Wehrmacht contava sulla produzione forzata interna e sullo sfruttamento dei territori occupati, Kiev dipende dai rifornimenti occidentali, in particolare da Stati Uniti e Unione Europea. In entrambi i casi, la continuità della difesa dipende più dalle risorse esterne che dalla capacità interna di rigenerarsi.
Guerra di morale e guerra di percezione
Uno dei punti più affascinanti del confronto tra la Wehrmacht e la difesa ucraina è il ruolo del morale. Dopo Stalingrado, la propaganda tedesca cercò di trasformare la sconfitta in mito eroico: i soldati della VI Armata furono celebrati come martiri, e il sacrificio fu dipinto come prova di fedeltà al Reich. La retorica del “resistere fino all’ultimo uomo” servì a mantenere la coesione interna e a ritardare la resa psicologica del Paese.
L’Ucraina, invece, utilizza una guerra della comunicazione moderna: immagini, social media, appelli internazionali. Il morale non è solo interno ma globale. Kiev deve continuamente dimostrare di essere in grado di resistere per giustificare il supporto occidentale. In un certo senso, anche qui la guerra è diventata una battaglia per la percezione: ogni città difesa, ogni successo tattico, diventa una vittoria politica.
Tuttavia, come nella Germania del 1943, anche la comunicazione può trasformarsi in un’arma a doppio taglio: la narrazione eroica deve convivere con la realtà della stanchezza, delle perdite e della difficoltà di mantenere alta la motivazione nel tempo. Le guerre lunghe consumano la fede, e la difesa ad oltranza può diventare un vicolo cieco se non accompagnata da prospettive politiche credibili.
L’aspetto economico: logistica, risorse e sostenibilità
Dopo Stalingrado, la Germania affrontò una crisi logistica senza precedenti. Le linee di rifornimento erano sovraestese, la produzione di carburante insufficiente e la capacità industriale sotto pressione. La strategia di difesa richiedeva un’enorme quantità di mezzi, munizioni e uomini, che non potevano più essere sostituiti con la stessa rapidità.
Nella guerra moderna, la logistica è ancora più complessa. L’Ucraina, pur ricevendo supporto occidentale, deve affrontare un nemico con una base industriale militare molto più ampia e autonoma. Le catene di approvvigionamento, le infrastrutture energetiche e le rotte di trasporto sono bersagli costanti. La resilienza economica diventa così parte integrante della strategia difensiva.
In entrambe le epoche, la difesa ad oltranza si fonda su un principio: chi resiste più a lungo può, teoricamente, invertire il corso della guerra. Tuttavia, la storia mostra che la resistenza non è sufficiente se non accompagnata da una visione politica chiara. La Wehrmacht, pur opponendo una resistenza impressionante fino al 1945, non poteva vincere perché il suo Stato non aveva più legittimità né alleati reali. L’Ucraina, al contrario, ha costruito la propria forza sulla solidarietà internazionale — ma la sostenibilità di questa alleanza resta incerta nel lungo periodo.
Tecnologia e adattamento: il campo di battaglia come laboratorio
La Wehrmacht del 1943–1945 fu costretta a reinventare la propria dottrina tattica. Nacquero nuove armi difensive come i Panzerfaust, nuovi carri armati come i Panther, e strategie di “difesa elastica” che prevedevano ritirate tattiche e contrattacchi localizzati. La capacità tedesca di innovare, anche in condizioni disperate, è uno dei motivi per cui la guerra durò così a lungo.
Allo stesso modo, il conflitto in Ucraina ha visto un’evoluzione tecnologica rapidissima: droni, intelligence satellitare, guerra elettronica e artiglieria di precisione hanno trasformato il concetto stesso di difesa. Laddove la Wehrmacht costruiva bunker e linee fortificate, l’Ucraina costruisce reti digitali di comando, coordinate con supporto NATO, che rendono la difesa più mobile e adattabile.
Tuttavia, anche qui si ripete una lezione storica: la tecnologia non sostituisce la strategia. Come dimostrò la Germania, nessuna innovazione tecnica può compensare la perdita di iniziativa politica e di equilibrio strategico. La guerra difensiva, per quanto sofisticata, resta una forma di resistenza in attesa di un cambiamento esterno.
Il destino politico della difesa ad oltranza
Nel caso della Germania, la strategia di difesa ad oltranza portò al collasso totale del sistema. La mancata volontà di negoziare o ritirarsi trasformò la guerra in una catastrofe nazionale. Nel caso dell’Ucraina, la difesa è invece parte di una strategia diplomatica più ampia, volta a mantenere aperto il sostegno occidentale e ottenere una posizione negoziale più forte.
Ma il rischio rimane: una guerra difensiva troppo lunga può logorare anche le alleanze più solide. L’elemento politico della resistenza è quindi tanto cruciale quanto quello militare. Come la Wehrmacht dopo Stalingrado, anche l’Ucraina deve bilanciare la necessità di difendersi con quella di preservare la propria sopravvivenza economica e sociale.
Conclusione: la lezione della storia
La storia insegna che nessuna difesa può essere infinita. La Wehrmacht dimostrò fino all’ultimo la capacità tecnica e disciplinare di un esercito in ritirata, ma la mancanza di una visione politica realistica ne decretò la fine. L’Ucraina, invece, affronta una sfida opposta: mantenere viva la speranza e la coesione di fronte a un conflitto senza un orizzonte temporale chiaro.
La “difesa ad oltranza” è, in ultima analisi, un atto di volontà collettiva. Che si tratti dell’Europa del 1943 o dell’Eurasia del XXI secolo, essa rappresenta il momento in cui la guerra smette di essere movimento e diventa sopravvivenza. In questo passaggio, si misura la forza morale dei popoli e la lungimiranza dei leader.
La lezione che viene dal confronto tra la Wehrmacht dopo Stalingrado e la resistenza ucraina è chiara: resistere non basta. Perché la difesa diventi vittoria, deve esistere un progetto politico capace di dare senso al sacrificio. Senza questo, la storia tende a ripetersi come un cerchio di logoramento e paura.