Il 1° settembre 1939 la Germania di Adolf Hitler invase la Polonia, dando inizio alla Seconda guerra mondiale. Due giorni dopo, il 3 settembre, Regno Unito e Francia dichiararono guerra alla Germania, in nome dell’impegno preso pochi mesi prima a garantire l’indipendenza polacca.
Ma quando, il 17 settembre 1939, anche l’Unione Sovietica di Stalin invase la Polonia da est, nessuna dichiarazione di guerra seguì da parte delle potenze occidentali.
Perché?
Come potevano Londra e Parigi, che si erano impegnate solennemente a difendere la Polonia da qualsiasi aggressione, limitare la propria reazione solo contro la Germania, ignorando la contemporanea invasione sovietica?
La risposta è complessa e intreccia considerazioni militari, politiche, strategiche e diplomatiche. Dietro quella scelta ci sono la realpolitik, la paura del comunismo, il calcolo delle alleanze e la visione geopolitica che avrebbe dominato l’intera guerra e il mondo del dopoguerra.
1. Il contesto del Patto Molotov–Ribbentrop
Per comprendere le scelte britanniche del settembre 1939, bisogna partire da un evento fondamentale: il Patto di non aggressione tedesco-sovietico, firmato il 23 agosto 1939 da Joachim von Ribbentrop e Vyacheslav Molotov, rispettivi ministri degli esteri di Germania e URSS.
Il patto, ufficialmente presentato come un semplice accordo di non aggressione, includeva un protocollo segreto che stabiliva la spartizione dell’Europa orientale in sfere d’influenza.
In particolare, la Polonia veniva divisa lungo la linea dei fiumi Narew–Vistola–San: la parte occidentale alla Germania, quella orientale all’Unione Sovietica.
In sostanza, Berlino e Mosca avevano già deciso la fine dello Stato polacco prima ancora che l’invasione cominciasse.
La Polonia, stretta tra due potenze totalitarie, non aveva possibilità di sopravvivere.
2. Le garanzie britanniche alla Polonia: un atto politico più che militare
Nel marzo 1939, dopo l’occupazione tedesca della Cecoslovacchia, la Gran Bretagna aveva finalmente abbandonato la politica di appeasement e garantito il sostegno alla Polonia.
Il 31 marzo 1939, il Primo Ministro Neville Chamberlain annunciò alla Camera dei Comuni che il Regno Unito avrebbe aiutato la Polonia “in caso di qualsiasi azione che minacciasse chiaramente la sua indipendenza”.
Tuttavia, questo impegno non era assoluto.
Le clausole del trattato anglo-polacco, formalizzate il 25 agosto 1939, specificavano che l’assistenza britannica si sarebbe attivata solo in caso di aggressione tedesca.
L’ipotesi di un attacco sovietico non era stata presa in considerazione in modo esplicito.
Dietro questa ambiguità vi erano due motivi fondamentali:
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Londra temeva più la Germania che l’URSS: il Terzo Reich era percepito come la minaccia immediata all’equilibrio europeo.
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Il Regno Unito sperava ancora in un’intesa con Mosca contro Hitler: dichiarare guerra all’URSS avrebbe chiuso ogni possibilità di collaborazione futura.
3. L’invasione tedesca e la dichiarazione di guerra
Il 1° settembre 1939 le truppe tedesche attraversarono il confine polacco.
Le richieste britanniche e francesi a Hitler di ritirarsi furono ignorate.
Il 3 settembre, dopo un ultimatum scaduto alle 11:00, la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, seguita poche ore dopo dalla Francia.
Tuttavia, mentre la Polonia combatteva disperatamente da sola, le potenze occidentali rimasero inerti: la cosiddetta “guerra finta” (Phoney War).
Nessuna offensiva venne lanciata sul fronte occidentale.
Di fatto, la Polonia era stata abbandonata.
4. Il 17 settembre: l’invasione sovietica
Mentre le forze tedesche avanzavano da ovest, il 17 settembre 1939 l’Armata Rossa attraversò il confine orientale, con la giustificazione che lo Stato polacco “aveva cessato di esistere” e che l’URSS interveniva per “proteggere le popolazioni ucraine e bielorusse”.
Londra e Parigi ricevettero la notizia con imbarazzo e sgomento.
L’ambasciatore polacco a Londra, Edward Raczyński, chiese immediatamente che anche all’URSS venisse dichiarata guerra, ricordando che la garanzia britannica doveva difendere l’integrità territoriale della Polonia.
Ma Chamberlain e il ministro degli esteri Lord Halifax scelsero di non reagire militarmente.
Londra protestò diplomaticamente con Mosca, ma si guardò bene dal considerarla un’aggressione formale.
5. Le ragioni della non dichiarazione di guerra all’URSS
Le motivazioni di questa scelta furono molteplici e intrecciate.
a) Considerazioni giuridiche e formali
Il trattato di mutua assistenza tra Regno Unito e Polonia specificava un attacco tedesco come casus belli.
Dal punto di vista legale, quindi, il governo britannico sostenne che l’impegno non si estendeva automaticamente all’Unione Sovietica.
Era un argomento formale, ma utile per evitare di aprire un secondo fronte impossibile da gestire.
b) Impossibilità militare
Nel settembre 1939 la Gran Bretagna non aveva la capacità militare di affrontare contemporaneamente due grandi potenze continentali.
Il suo esercito era ancora in fase di mobilitazione e le forze francesi erano schierate sulla linea Maginot, in posizione difensiva.
Aprire un conflitto simultaneo contro Germania e URSS avrebbe significato una guerra su due fronti senza alcuna possibilità di successo.
c) Il timore del comunismo, ma anche la necessità di non alienarsi l’URSS
Anche se Londra guardava con sospetto all’Unione Sovietica e al comunismo, non voleva spingere Stalin definitivamente nelle braccia di Hitler.
Molti diplomatici britannici ritenevano che la spartizione della Polonia fosse un atto tattico e che prima o poi Mosca e Berlino sarebbero entrate in conflitto.
Meglio, dunque, mantenere aperti i canali con Stalin in vista di un possibile futuro riavvicinamento.
Una dichiarazione di guerra all’URSS avrebbe reso ciò impossibile.
d) L’opinione pubblica e il pragmatismo politico
L’opinione pubblica britannica era indignata per l’invasione tedesca, ma non vedeva i sovietici come il nemico principale.
Il comunismo era odiato, ma la propaganda e la percezione comune identificavano la Germania come l’aggressore diretto e immediato dell’ordine europeo.
Chamberlain e il suo governo, già criticati per l’appeasement di Monaco, non volevano dilatare il conflitto oltre misura né rischiare di sembrare irresponsabili.
6. L’ambiguità delle potenze occidentali verso l’URSS (1939–1941)
La decisione di non dichiarare guerra all’URSS aprì una fase di ambiguità e calcolo nei rapporti anglo-sovietici.
Da un lato, Londra condannava formalmente le occupazioni sovietiche in Polonia, nei Paesi Baltici e in Finlandia; dall’altro, evitava qualsiasi atto ostile diretto.
Quando Stalin attaccò la Finlandia nel novembre 1939 (Guerra d’Inverno), la Gran Bretagna e la Francia inviarono aiuti militari ai finlandesi, ma sempre in modo indiretto.
Ancora una volta, la priorità era non aprire un secondo fronte diretto contro Mosca.
Tutto cambiò nel giugno 1941, quando la Germania attaccò l’URSS con l’Operazione Barbarossa.
Da quel momento, l’Unione Sovietica divenne alleata della Gran Bretagna — un’alleanza paradossale ma inevitabile.
Churchill lo riassunse con cinismo:
“Se Hitler invadesse l’Inferno, io almeno farei un discorso di favore per il Diavolo.”
7. La prospettiva strategica: contenere la Germania, non salvare la Polonia
Un punto spesso dimenticato dagli storici più moralisti è che la Gran Bretagna non entrò in guerra per salvare la Polonia, ma per fermare la Germania.
La garanzia a Varsavia era uno strumento politico per contenere l’espansionismo hitleriano, non un impegno disinteressato alla libertà dell’Europa orientale.
Quando la Polonia cadde in meno di un mese, la priorità britannica non fu liberarla, ma prepararsi a un lungo conflitto con la Germania.
Da quel momento, la Polonia cessò di essere un fine: divenne un simbolo e un alleato in esilio, ma non più un obiettivo militare immediato.
8. L’atteggiamento britannico verso la Polonia occupata
Dopo la doppia invasione, il governo polacco si rifugiò prima in Romania, poi in Francia e infine a Londra, dove fu riconosciuto ufficialmente come governo in esilio.
Il Regno Unito mantenne rapporti cordiali e promosse la formazione delle forze armate polacche libere, che combatterono valorosamente sotto comando britannico.
Tuttavia, la posizione di Londra verso l’Unione Sovietica rimase ambigua fino alla fine della guerra.
Quando nel 1943–44 Stalin impose un governo comunista a Varsavia e fece assassinare migliaia di ufficiali polacchi (massacro di Katyn), Churchill e Roosevelt evitarono di affrontarlo apertamente per non compromettere l’alleanza contro Hitler.
In pratica, la Polonia — per la seconda volta in pochi anni — fu sacrificata sull’altare degli equilibri di potere.
9. Le conseguenze a lungo termine
La mancata dichiarazione di guerra all’URSS nel 1939 ebbe effetti di lunga durata sulla geopolitica europea.
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Permise all’Unione Sovietica di consolidare il proprio controllo sull’Europa orientale, preludio alla Cortina di Ferro del dopoguerra.
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Rivelò che la politica estera britannica era guidata dalla strategia, non dalla morale.
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Alimentò un sentimento di tradimento nei confronti dei polacchi, che combatterono al fianco degli Alleati ma furono poi abbandonati a Yalta nel 1945.
In un certo senso, la decisione del 1939 fu l’anticipo della logica che avrebbe dominato tutto il XX secolo: la logica della potenza, dove gli ideali vengono sacrificati agli equilibri geopolitici.
Conclusione
La Gran Bretagna non dichiarò guerra all’Unione Sovietica nel 1939 non per ignoranza o ipocrisia, ma per calcolo politico e sopravvivenza strategica.
Sapeva di non poter combattere due colossi contemporaneamente; temeva la Germania più dell’URSS; e sperava, un giorno, di poter contare su Stalin come alleato contro Hitler.
Fu una scelta coerente con la logica della realpolitik, ma che segnò il destino della Polonia e, più in generale, dell’Europa orientale.
Dietro le dichiarazioni di principio sulla “difesa della libertà” si nascondeva la fredda consapevolezza che nel gioco delle potenze, i piccoli Stati sono pedine sacrificabili.
Quando, nel 1945, la Polonia uscì “liberata” ma sotto il controllo sovietico, la storia chiuse un cerchio iniziato proprio quel settembre del 1939, quando Londra decise di scegliere — o forse di non scegliere — tra due tirannie