La crisi della ragione e la nascita dell’irrazionalismo
Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Europa vive un momento di straordinaria trasformazione. Le rivoluzioni industriali e scientifiche, le tensioni nazionali e sociali, l’espansione coloniale e la crisi della metafisica illuminista modificano radicalmente il volto della civiltà occidentale. In questo scenario, si afferma una corrente di pensiero che segnerà profondamente la filosofia e la cultura moderna: l’irrazionalismo.
Contro la fiducia assoluta nella ragione — tipica dell’Illuminismo e dell’idealismo hegeliano — due pensatori tedeschi si ergono come voci dissonanti e rivoluzionarie: Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche.
Essi non solo rompono con la tradizione razionalistica europea, ma elaborano una nuova visione della realtà, fondata sulla vita, sull’istinto, sulla volontà e sul divenire. Da questa concezione del mondo derivano, in modo profondo e complesso, anche le loro idee sulla politica e sulla geopolitica, che riflettono due modi opposti ma complementari di intendere il potere, la storia e la civiltà.
Schopenhauer rappresenta il versante pessimistico e contemplativo dell’irrazionalismo: un pensatore che vede nella volontà cieca la radice di ogni sofferenza, e nella rinuncia e nell’arte le uniche vie di salvezza. Nietzsche, al contrario, incarna il volto attivo e dionisiaco di questa corrente: la volontà non è un male da estinguere, ma una forza creativa da affermare. Egli celebra la vita, la forza e la conquista, opponendosi a ogni morale della rinuncia.
Ma dietro queste due prospettive filosofiche si nasconde anche una visione geopolitica implicita: una lettura del destino dell’Europa, della decadenza dell’Occidente e della nascita di nuovi modelli di potere e di cultura.
Schopenhauer: la volontà come tragedia del mondo
Arthur Schopenhauer (1788–1860) è il filosofo del pessimismo metafisico. La sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione (1818), elabora una concezione radicale: l’essenza ultima della realtà non è la ragione né lo Spirito (come in Hegel), ma la volontà — una forza cieca, irrazionale, priva di scopo e di senso, che si manifesta in ogni forma di vita e di desiderio.
Per Schopenhauer, il mondo che percepiamo con la mente e i sensi è solo rappresentazione: una costruzione illusoria, simile al velo di Maya dell’induismo, dietro la quale si nasconde la vera sostanza dell’esistenza, la volontà di vivere (Wille zum Leben). Questa volontà non è la volontà razionale dell’uomo, ma un impulso cosmico e cieco che muove tutto ciò che esiste, condannando ogni essere a un ciclo infinito di desiderio, sofferenza e morte.
La politica come illusione della volontà
In questa prospettiva, la politica appare a Schopenhauer come una dimensione secondaria, un fenomeno superficiale che appartiene al mondo delle rappresentazioni. Gli Stati, i governi, le guerre e le rivoluzioni non sono che manifestazioni transitorie di quella forza cieca che spinge gli uomini a lottare per il potere, per la sopravvivenza e per la sopraffazione.
La politica, quindi, non ha per Schopenhauer alcun valore redentivo o razionale: non può portare alla libertà o alla giustizia, perché nasce da motivazioni egoistiche e irrazionali.
Schopenhauer diffida profondamente della storia come progresso. Egli critica Hegel per aver trasformato la storia in una marcia trionfale della Ragione. La storia, al contrario, è per lui il teatro della volontà cieca, che si ripete eternamente sotto forme diverse: regni, imperi, rivoluzioni, guerre. Nulla di nuovo accade davvero, perché l’essenza del mondo — la volontà — resta immutabile.
L’anti-geopolitica di Schopenhauer
Dal punto di vista geopolitico, Schopenhauer rappresenta una sorta di anti-realismo politico. Egli rifiuta l’idea che la politica internazionale possa essere guidata da principi morali o razionali. Gli Stati si comportano come individui egoisti, mossi da istinti di conquista e di conservazione, e quindi destinati al conflitto.
Ma, a differenza di Machiavelli o di Hobbes, Schopenhauer non esalta questa condizione naturale: la considera una tragedia cosmica, un’espressione della sofferenza universale che domina la vita.
Il suo pensiero non propone soluzioni politiche, ma una via di fuga dalla politica stessa: la rinuncia, la compassione e la contemplazione estetica.
Per lui, l’unica vera salvezza non è nell’azione, ma nella negazione della volontà, attraverso l’ascesi, la pietà verso gli esseri viventi e l’esperienza estetica dell’arte e della musica.
In questo senso, la filosofia di Schopenhauer rappresenta il lato mistico e contemplativo dell’irrazionalismo europeo: una risposta alla crisi della ragione che non cerca il dominio del mondo, ma la sua pacificazione interiore.
Nietzsche: la volontà di potenza e la trasvalutazione dei valori
Se Schopenhauer vede nella volontà la fonte della sofferenza, Friedrich Nietzsche (1844–1900) la considera invece la forza vitale per eccellenza. Per lui, la vita è volontà di potenza, un impulso creativo e dinamico che tende all’espansione, alla crescita, al superamento di sé.
Nietzsche rompe definitivamente con la tradizione metafisica occidentale, accusandola di aver inventato un mondo “dietro” il mondo reale: quello delle idee, dei valori assoluti, della morale cristiana e della filosofia idealista. In opere come Così parlò Zarathustra, Al di là del bene e del male e La genealogia della morale, egli proclama la necessità di una trasvalutazione di tutti i valori, ovvero la distruzione dei fondamenti morali e metafisici su cui si è costruita la civiltà occidentale.
La politica della forza creativa
Nietzsche non è un politico nel senso tradizionale, ma la sua filosofia ha un significato profondamente politico e geopolitico.
Egli interpreta la storia come una lotta di forze vitali, non come un progresso morale. I popoli, le culture e le civiltà si distinguono in base alla loro energia vitale, alla loro capacità di creare valori, arte, potenza.
La sua è una politica del divenire, una visione in cui il potere non è un male, ma la condizione stessa della vita. Mentre Schopenhauer invitava alla rinuncia, Nietzsche invita all’affermazione: all’accettazione della vita in tutte le sue contraddizioni, alla creazione di nuovi valori attraverso lo spirito dionisiaco.
La politica, in questa prospettiva, diventa una forma d’arte, un atto di creazione.
Nietzsche disprezza la democrazia, l’egualitarismo e il socialismo perché li considera espressioni del “gregge”, di quella morale dei deboli che cerca di soffocare l’eccellenza e la differenza. Egli esalta invece l’individuo superiore, l’Oltreuomo (Übermensch), colui che sa imporre la propria legge e creare nuovi valori al di là del bene e del male.
Geopolitica e decadenza dell’Occidente
Sul piano geopolitico, Nietzsche anticipa una visione che segnerà profondamente il XX secolo.
Egli osserva la decadenza dell’Europa moderna, afflitta dal nichilismo, dalla perdita di fede nei valori supremi, dal trionfo della mediocrità borghese e del materialismo. L’Europa, un tempo culla della cultura e della grandezza spirituale, è divenuta un continente stanco, governato dalla morale della compassione e dell’uguaglianza.
Nietzsche invita dunque a una rinascita dello spirito europeo, non come restaurazione del passato, ma come creazione di un nuovo ordine di valori. La sua geopolitica è culturale e spirituale, non territoriale: l’Europa deve superare la propria decadenza attraverso un nuovo tipo di uomo e di pensiero, capace di affermare la vita e di dominare il caos.
La volontà di potenza non è semplice dominio politico o militare, ma la forza di creare e di dare forma al mondo. Tuttavia, nella lettura postuma e ideologica del Novecento, questo concetto verrà distorto fino a giustificare ideologie autoritarie e imperialiste che Nietzsche non avrebbe mai approvato.
Schopenhauer e Nietzsche a confronto: due volti dell’irrazionalismo
Pur appartenendo alla stessa tradizione irrazionalista, Schopenhauer e Nietzsche incarnano due visioni opposte del rapporto tra filosofia, politica e potere.
| Aspetto | Schopenhauer | Nietzsche |
|---|---|---|
| Natura della volontà | Forza cieca e dolorosa da negare | Forza creativa e vitale da affermare |
| Visione del mondo | Pessimistica e contemplativa | Attiva e dionisiaca |
| Politica | Illusione e fonte di sofferenza | Espressione della volontà di potenza |
| Morale | Compassione e ascesi | Trasvalutazione dei valori, oltre il bene e il male |
| Geopolitica | Critica del potere come male universale | Esaltazione della forza creativa dei popoli |
| Fine dell’uomo | Liberazione dal volere | Oltreuomo come creatore di nuovi valori |
In sintesi, Schopenhauer rappresenta l’irrazionalismo della rinuncia, Nietzsche l’irrazionalismo dell’affermazione.
Il primo invita a uscire dal mondo; il secondo, a ricrearlo.
Entrambi, tuttavia, condividono una critica radicale alla razionalità occidentale, considerata responsabile dell’alienazione dell’uomo moderno.
Entrambi vedono nel mito, nell’arte, nell’istinto e nella vita le chiavi per riscoprire l’autenticità dell’esistenza.
E in questo, entrambi delineano un pensiero che, pur privo di un progetto politico organico, avrà conseguenze politiche e culturali profonde.
L’eredità politica e geopolitica dell’irrazionalismo
L’impatto di Schopenhauer e Nietzsche sulla cultura politica europea è immenso.
Nel primo, la sfiducia nella storia e nella ragione ispira una visione esistenziale e artistica del mondo, ma anche un certo distacco dalla realtà sociale. La sua influenza sarà decisiva su scrittori come Tolstoj, Thomas Mann e Proust, e su filosofi come Freud e Wittgenstein, che riconosceranno nella volontà inconscia un’eredità schopenhaueriana.
In Nietzsche, invece, la riflessione sulla volontà di potenza e sulla crisi dei valori diventerà il punto di partenza per l’intera filosofia del Novecento: da Heidegger all’esistenzialismo, dalla psicologia del profondo alla critica della modernità.
Ma la sua eredità è anche ambigua: alcuni regimi totalitari tenteranno di appropriarsi del suo linguaggio per giustificare politiche di potenza e dominio, distorcendo completamente il significato originario del suo pensiero, che era essenzialmente antidogmatico e anti-statale.
Sul piano geopolitico, l’irrazionalismo di Schopenhauer e Nietzsche contribuisce a spostare il baricentro della riflessione politica: la questione del potere non è più solo istituzionale o giuridica, ma spirituale e culturale.
La crisi dell’Europa diventa così una crisi dell’anima, una lotta tra forze vitali e decadenti, tra volontà di vita e volontà di nulla.
L’Occidente, in questa prospettiva, è un campo di battaglia simbolico in cui si decide il destino della civiltà: o il trionfo della mediocrità e del nichilismo, o la rinascita attraverso la creazione di nuovi valori.
Conclusione: oltre la ragione, verso la vita
Schopenhauer e Nietzsche, pur distanti per temperamento e finalità, sono uniti da una medesima sfida: quella di superare il razionalismo moderno e restituire alla filosofia il contatto con la vita.
Il primo invita alla negazione della volontà, alla compassione e alla pace interiore; il secondo alla affermazione della potenza creatrice, alla lotta, al coraggio di dire sì all’esistenza.
Entrambi rappresentano due risposte opposte alla crisi spirituale dell’Europa moderna: la fuga dal mondo e la sua ricostruzione.
Ma in entrambi, la politica e la geopolitica diventano simboli della condizione umana: la lotta per il potere e per il senso, la tensione tra caos e ordine, tra dolore e creazione.
Oggi, nell’epoca della globalizzazione e del nichilismo postmoderno, la loro lezione rimane attuale.
Schopenhauer ci ricorda i limiti della volontà e dell’ambizione umana; Nietzsche ci insegna il valore della forza, della creatività e della libertà.
Tra questi due poli — il silenzio e il grido, la rinuncia e la conquista — si gioca ancora la dialettica della modernità e il destino dell’uomo occidentale.
SEO Keywords:
Schopenhauer, Nietzsche, irrazionalismo, filosofia tedesca, volontà di potenza, pessimismo, geopolitica, politica, filosofia moderna, filosofia della vita, morale, nichilismo, civiltà occidentale, pensiero europeo, filosofia e potere, storia delle idee, Oltreuomo, filosofia dell’esistenza, crisi dell’Occidente.