La geopolitica mondiale tra intrecci economici e lotta per l’egemonia

LA GEOPOLITICA MONDIALE E LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Nel panorama geopolitico mondiale contemporaneo c’e’ un aspetto veramente singolare e forse mai sperimentato nella storia dell’umanita’. Ci troviamo di fronte ad un mondo che ha sviluppato enormi sinergie economiche e che ha visto, negli ultimi trenta anni, uno sviluppo economico senza precedenti. Questo perche’ dagli anni ’90 del ventesimo secolo il crollo dell’URSS da una parte e l’adozione dell’economia capitalistica da parte di Pechino dall’altra hanno aperto mercati enormi e visto la grande maggioranza dei paesi del mondo entrare nell’interscambio commerciale globale. Tale fenomeno conosciuto anche come globalizzazione ( o mondializzazione) ha senz’altro reso il mondo interconnesso economicamente come non lo era mai stato nella storia dell’umanita’. Ed ha indubbiamente aumentato i livelli di ricchezza di gran parte delle nazioni del mondo. Ma il problema e’ che la dinamica di tale processo di interazione economica mondiale non si e’ sviluppata come avevano previsto i fautori dello stesso. Ed invece di consolidare il dominio dell’impero anglosassone sul mondo ha  favorito lo sviluppo di altri centri di ricchezza e, conseguentemente, di potere. La Cina in particolare ha tratto enormi benefici da tale processo di interconnessione dei mercati mondiali. Ed e’ diventata, proprio grazie ad esso, quello che e’ oggi. La piu’ grande potenza industriale ed economica ( in base al PIL PPA) del pianeta. Pechino e’ oggi il centro economico del mondo. Ed e’ diventata il piu’ grande partner commerciale di gran parte dei paesi del mondo, Compresi gli USA e l’UE che sono formalmente suoi rivali geopolitici. La cui economia e’ cresciuta negli ultimi decenni sulla scia dell’esplosione economica cinese e che, ad oggi, dipende fortemente dall’interscambio commerciale con la Cina. Quindi la geopolitica mondiale appare oggi contraddistinta da una profonda contraddizione. Contraddizione che si palesa nello scontro tra interessi economici ed il mantenimento del sistema di potere mondiale anglosassone. Nel senso che i primi sono incompatibili, a nostro avviso, con lo statu quo geopolitico che ha preso forma nel mondo dopo il 1945 ( dopo il tentativo egemonico di Hitler) e dopo il 1991 (bancarotta e dissoluzione dell’URSS). E questo non ci pare un fenomeno di poco conto dal momento che ,a nostro parere, la leadership politica occidentale appare di fronte a scelte dolorose non solo per l’occidente ma anche per il resto del mondo.

LA GEOPOLITICA MONDIALE DI FRONTE AD UN BIVIO: GUERRA O MODUS VIVENDI. 

Come abbiamo accennato prima l’obbiettivo dei fautori della globalizzazione non era certo quello di favorire la nascita di altri centri di ricchezza e potere nel mondo rispetto a quello occidentale. Il fine era ovviamente quello di accrescere a dismisura la ricchezza ed il potere dell’occidente sul mondo. Invece tale processo, come dicevamo, ha favorito la nascita di centri di potere antagonisti a quello anglosassone. Ed ora tali centri di potere ( e per tali non intendiamo solo la Cina ma anche la Russia e l’India) hanno iniziato a chiedere “un posto al sole” nella geopolitica mondiale. La questione, cosi posta, pone l’occidente di fronte ad una scelta dolorosa: Accettare il riconoscimento di tali nuove potenze e spartire con esse il potere mondiale oppure andare allo scontro totale, anche bellico, per impedire che esse possano alterare lo statu quo geopolitico a guida anglosassone. Nel primo caso sarebbe necessaria una nuova Bretton Woods che ridefinisca “l’architettura geopolitica e geoeconomica del mondo” e quindi resetti il sistema di potere economico mondiale in base al peso dei “nuovi arrivati” ( con tutte le conseguenze che questo comporterebbe come la perdita del ruolo del dollaro come valute di riserva globale e la perdita del controllo dei prezzi delle materie prime da parte delle piazze finanziarie occidentali). Nel secondo caso si arriverebbe ad una guerra mondiale dagli sviluppi e dagli esiti imprevedibili. E dalle conseguenze economiche disastrose per il mondo intero. Perche’, e’ cosa ovvia, cio’ comporterebbe la fine della globalizzazione e del commercio mondiale cosi come ha preso forma negli ultimi trent’anni. E la fine di tutta la ricchezza da esso prodotta. La questione non e’ di poco conto quindi e da essa dipendera’ il futuro del mondo e del commercio mondiale. Dal momento che l’establishment occidentale sembra oggi optare per questa seconda strada. E’ opportuno chiarire che la guerra portera’ non solo ad una spesa militare enorme ma anche alla perdita del mercato cinese ( dopo la perdita di quello russo in conseguenza alla guerra in Ucraina) per le imprese europee e statunitensi. Considerando la saturazione economica  dei mercati occidentali ,in tali condizioni gia’ da molti anni, e’ ovvio che cio’ determinera’ un impoverimento generalizzato delle societa’ dei paesi europei e degli Stati  Uniti d’America. Lo stesso accadra’ nei paesi emergenti e nel resto del mondo. Tali sviluppi avranno certamente ripercussioni enormi sul mondo intero e non saranno indolori. 

LA GEOPOLITICA MONDIALE TRA EQUILIBRIO ED EGEMONIA.

Concettualizzando, potremmo dire che oggi la geopolitica mondiale e’ chiamata a fare una scelta tra un mondo in equilibrio (in cui le varie realta’ geopolitiche cooperino per uno sviluppo globale e pacifico in virtu’ di principi paritari di benessere e ricchezza) ed un mondo in cui regni un’egemonia dispotica e tirannica il cui fine e’ la conservazione del potere economico e geopolitico acquisito negli ultimi cinquecento anni di storia mondiale. Dalle decisioni in merito a tale scelta’ dipendera’ il futuro del mondo. Anche se ,in verita’, riteniamo che il percorso intrapreso dal 24 febbraio del 2022 ( data di inizio delle ostilita’ in Ucraina) la dica lunga sulle decisioni gia’ prese dai signori del mondo. Ma non e’ scontato che le decisioni prese siano di fatto irrevocabili. Soprattutto se incidenti di percorso dovessero far capire che gli sviluppi sul campo non sono pienamente aderenti ai desiderata degli establishments. O nel caso in cui i costi del corso intrapreso dovessero superare ogni aspettativa degli stessi.

 

 

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