Il pensiero di Machiavelli nell’Italia rinascimentale: Analisi e contesto storico

IL PENSIERO DI MACHIAVELLI NELL’ITALIA RINASCIMENTALE: PROFILO E SOSTANZA DEL PENSIERO DI NICCOLO’ MACHIAVELLI

Il pensiero di Niccolo’ Machiavelli e’ senz’altro uno dei piu’ lucidi ed illuminanti nella storia del pensiero politico. Lo scrittore e uomo di stato fiorentino e’ riuscito a definire, in modo chiaro e privo di illusioni di sorta, la natura del potere e le sue spietate implicazioni. La sua analisi prescinde da  quell’idealismo politico che era stato molto in voga  nel corso del XV secolo nel contesto politico e geopolitico dell’Italia rinascimentale. Ne’ la politica puo’ essere influenzate da sistemi filosofici ( come fu ad esempio per Platone ed Aristotele) cui dovrebbe attenersi.  La politica (e quindi il potere) ha in se la propria giustificazione e le proprie leggi. Ne’ la religione ne’ la morale possono condizionare l’azione politica che ha come solo fine la conservazione e l’espansione di uno stato. Lo stato ha la sua ragion d’essere nella natura umana e nella sua sostanziale malvagita’ ( una visione molto simile a quella dell’homo homini lupus di Hobbs). Senza l’esistenza dello stato non vi sarebbe che caos ( o ,per dirla come Hobbes, il bellum omnium contra omnes proprio dello stato di natura). Lo stato e’ lo strumento coercitivo che impone, anche con la forza, ad ogni singolo individuo di rinunciare, almeno in parte, al proprio egoismo ed al proprio specifico interesse. L’uomo e’ per sua natura egoista e le sue smodate ambizioni personali devono essere messe al servizio della collettivita’ attraverso le imposizioni statali. In questa cornice lo stato rappresenta una sorta di cura alle debolezze ed alle storture di una natura umana poco incline a mettersi al servizio del bene comune. L’azione dello stato e’ quindi, nella visione politica di Machiavelli, diversa da quella di Guicciardini. Per quest’ultimo, infatti, lo stato deve preservare l’interesse personale (che l’autore della Storia d’Italia definisce il “particulare”oltre a reprimere le inclinazioni egoistiche connaturate all’essere umano. In questo senso il pensiero di Guicciardini si avvicina a quello di Locke per il quale il cittadino, pur nella necessita’ di rinunciare a gran parte dei propri diritti per il bene comune (delegandoli al potere politico), non puo’ e non deve rinunciare alle proprie liberta’ fondamentali ( che devono essere costituzionalmente garantite). Nel Principe di Machiavelli l’azione ed i diritti del cittadino sono completamente fagocitati dall’interesse e dagli scopi preponderanti dell’entita’ statale. In tale visione politica non vi e’ posto per i diritti del singolo. Non vi e’ posto per l’interesse personale. Il che pone tale opera in formale antitesi con l’altro capolavoro letterario del Machiavelli: I discorsi sulla prima deca di Tito Livio. Ove l’autore fiorentino sembra invece esaltare il modello politico della Roma repubblicana e mettere in ombra l’autocrazia imperiale che prende corpo con Augusto ( ma che, de facto, era gia’ stata avviata da Giulio Cesare anche se quest’ultimo si guardo’ bene, proprio come Ottaviano, dall’esautorare ufficialmente il senato e distruggere pubblicamente la vecchia struttura di potere che aveva nell’ordo senatorius la propria base sociale). La dicotomia tra le due maggiori opere di Machiavelli e’ state oggetto di molti studi. I quali sembrano portare alla conclusione che il Principe sia un trattato politico specifico per il contesto geopolitico dell’Italia cinquecentesca. Una terapia d’urto in una situazione drammatica per la penisola italiana. Talmente drammatica da far ritenere all’autore fiorentino che solo una figura forte, spietata e senza scrupoli, avrebbe potuto liberare il contesto geopolitico italiano dal giogo e dall’oppressione del barbaro straniero. Come dire: A mali estremi, estremi rimedi. 

IL PENSIERO DI MACHIAVELLI NELL’ITALIA RINASCIMENTALE:  LA PENISOLA ITALIANA SOTTO IL GIOGO DELLO STRANIERO

Il Principe, come opera letteraria, trae origine dalla complessa situazione geopolitica italiana dell’Italia rinascimentale. L’opera si presenta come uno strumento per evitare quella che Machiavelli definisce la “ruina” dell’Italia, preda di truppe straniere che gli eserciti dei vari stati italiani non riescono a fermare e sconfiggere. Gli stati italiani del ‘500 sono molto ricchi e floridi da un punto di vista economico ma sono troppo piccoli per opporsi alle armate francesi e spagnole che si contendono il bel paese. Questa fragilita’ militare porta la regione italiana sotto il dominio delle due maggiori potenze dell’epoca ,la Francia e la Spagna. La prima aveva da poco sconfitto (nel corso della guerra dei cento anni) i tentativi della corona inglese di imporsi su quella francese ed aveva anche completato un lungo percorso di accentramento del potere che aveva riportato in auge la figura del Re e ripristinato le sue originarie prerogative su tutti i suoi subordinati (vassalli), superando, de iure de facto, il disordine, l’anarchia ed il decentramento politico-amministrativo che avevano caratterizzato la Francia nel corso dell’alto medioevo. La Spagna, formatasi dopo l’unione tra il regno di Castiglia e quello di Aragona, avvenuta nel 1469, in seguito al matrimonio fra Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia, si inseri’, anche in virtu’ delle enormi ricchezze che la scoperta del nuovo mondo le procuro’, nel novero delle grandi potenze europee ed inizio’ un’attiva espansione in tutto il mediterraneo. L’avvento al trono di Carlo V poi, avvenuta nel 1516, diede ulteriore impulso alle pretese egemoniche della monarchia spagnola sul continente europeo. Dal momento che Carlo non  “eredito'” solo la corona di Spagna (da parte della madre Giovanna la pazza che, ritenuta mentalmente inferma, fu costretta a lasciare l’esercizio del potere in favore del figlio) ma anche, da parte del padre Filippo il bello imperatore d’Austria, vastissimi territori dell’Europa centrale  e dei paesi bassi ( che al tempo erano sotto il controllo austriaco). Il che rendeva il potere del sovrano spagnolo veramente eccezionale nel contesto geopolitico europeo della prima meta’ del ‘500. In verita’, da un punto di vista economico la Spagna ando’ incontro ad un progressivo indebolimento gia’ nel momento della sua nascita come nazione. Il fervore ed il fanatismo religioso che caratterizzarono il processo di liberazione della penisola iberica dai saraceni connaturarono la nazione spagnola fino al punto da condurla ad una intransigenza confessionale che porto’ ad un esasperata lotta contro gli infedeli ed ogni forma di eresia. Da qui l’ossessione per la lotta contro i nemici della chiesa cattolica e la cacciata degli ebrei dai territori sottoposti al dominio della corona spagnola. Con conseguenze disastrose sull’attivita’ economica della penisola iberica (dal momento che gli ebrei costituivano il nerbo della borghesia spagnola ed il loro allontanamento comporto’ la crisi dell’attivita’ commerciale in tutta la Spagna) cui si pote’ far fronte solo con il continuo afflusso di metalli preziosi depredati dalle colonie americane. Il fervore religioso della monarchia spagnola fu la vera molla della sua azione geopolitica. La quale, non a caso, ebbe l’Italia come suo fulcro. Per la ricchezza e lo sviluppo economico di quest’ultima, per la sua posizione geografica privilegiata al centro del mediterraneo (ai tempi, ancora il mare piu’ trafficato ed economicamente piu’ importante del mondo) e per la sua situazione geopolitica che la rendeva facile preda per gli eserciti delle grandi potenze europee (situazione geopolitica che ha tra i suoi protagonsiti principali lo stato della Chiesa di cui la monarchia spagnola si fa garante e protettrice) . La rivalita’ e la conflittualita’ dei vari stati italiani era talmente forte da giustificare anche l’intervento di eserciti stranieri pur di impedire la vittoria dei rivali geopolitici locali. In uno scenario geopolitico molto simile a quello dell’antica Grecia.   D’altronde la discesa di Carlo VIII lungo la penisola italiana (l’azione militare con cui si inaugurano le campagne d’Italia del ‘500) fu determinata dalla richiesta di intervento militare di Ludovico il Moro nei confronti del sovrano francese (in seguito alle proteste del re Aragonese del regno di Napoli, alleato della monarchia spagnola, che si opponeva alla presa del potere da parte di Ludovico in seguito all’arresto del legittimo erede alla guida della signoria milanese, suo nipote Gian Galeazzo, legittimo sposo della figlia del Re di Napoli ) scatenando una guerra in territorio italiano che durera’ oltre mezzo secolo e che devastera’ il bel paese (qualcosa di molto simile era accaduto in Grecia dopo la cacciata di Ippia, figlio di Pisistrato, dalla scena politica di Atene dopo esserne diventato tiranno. Ippia incoraggio’ Dario, re di Persia, a muovere guerra contro la sua stessa citta’ ,per recuperarne il potere, dando vita all’invasione persiana della Grecia) . E che rendera’ la penisola italiana il principale teatro bellico di una guerra per il conseguimento dell’egemonia sul continente europeo. L’Italia geopolitica dell’epoca appariva cosi diversa dall’Italia delle arti e della cultura tanto celebre e decantata. A dimostrazione che all’apogeo culturale ed economico della pensisola italiana non fece riscontro un apogeo geopolitico propriamente detto. Tutto cio’ a cause della disunione e delle continue guerre intestine fra i vari stati della penisola italiana che tentavano continuamente , invano, di prevalere l’uno sull’altro. Tale debolezza geopolitica fu ravvisata da Machiavelli che nel Principe affronta la questione della natura del potere e della ragion di stato  nonche’ i requisiti essenziali per rendere grande e potente l’azione di un sovrano. Emblematico e’ il fatto  che tale visione trae spunto dalle “gesta” di Cesare Borgia (detto il Valentino, figlio di Papa Borgia ovvero Alessandro VI, che con l’appoggio del padre riusci’ a creare, in modo aggressivo e spregiudicato, un forte quanto effimero stato nell’Italia centrale) il quale riusci’ ad imporsi sui propri rivali con la forza e la spregiudicatezza nonche’ con le manovre di Palazzo del padre che uso’ ogni sorta di opportunismo politico per favorire il figlio nella creazione di una realta’ statale nell’Italia centrale posta sotto l’egida della santa sede. Per quanto discutibile e immorale la figura del Valentino affascino’ il Machiavelli fino al punto da vedere nel Borgia l’esempio che i vari signori italiani avrebbero dovuto seguire per rendere la penisola non solo ricca e florida da un punto di vista economico ma anche geopoliticamente forte. Con degli eserciti propri in grado di mantenere l’indipendenza della stessa e liberarla dal giogo della corona spagnola e di quella francese.

IL PENSIERO DI MACHIAVELLI NELL’ITALIA RINASCIMENTALE:  CONCLUSIONI

Nel Principe Machiavelli analizza le “questioni nodali” dell’azione del sovrano sia in merito alla dinamica politica interna sia in relazione alla dinamica del potere e dello scontro con altre entita’ geopolitiche (i cui interessi possono venire a confliggere con quelli del proprio stato fino al punto di portare ad un conflitto armato). Mirabile l’analisi delle milizie proprie (in contrapposizione a quelle mercenarie, del tutto inaffidabili per l’autore fiorentino) e della concezione della religione vista come un mero instrumentum regni. Ovvero come mezzo per compiacere ed assoggettare il popolo (da qui la necessita’ dell’imposizione di una religione di stato). Machiavelli trae dalla sua esperienza diretta, in qualita’ di ambasciatore della repubblica fiorentina, le analisi che lo portano ad affrontare la questione del potere e della ragion di stato. E dei vari strumenti attraverso i quali il vertice politico esercita le sue facolta’ e persegue il mantenimento, il  rafforzamento e l’espansione territoriale dello stato. Con qualsiasi mezzo, lecito od illecito, che ha a disposizione (“il fine giustifica i mezzi”). Che piaccia o no lo scrittore fiorentino ha saputo definire e delineare in modo impeccabile la vera natura della politica (nonche’, per estensione, della geopolitica). In tutta la sua crudezza e crudelta’. Disvelando la natura mostruosa che si cela dietro l’interesse politico (e l’interesse umano in genere). Per i quali non esita a ricorrere all’inganno ed a compiere qualsiasi tipo di misfatto.

 

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