Il pensiero politico nell’Italia rinascimentale

IL PENSIERO POLITICO NELL’ITALIA RINASCIMENTALE: CONTESTO STORICO E GEOPOLITICO

Il periodo rinascimentale rappresenta senz’altro uno dei periodi storici piu’ interessanti per quanto riguarda la storia del pensiero politico. Non e’ un caso che fu proprio nel contesto geografico e geopolitico italiano che il dibattito politico fu particolarmente acceso. La realta’ geopolitica della penisola italiana rendeva quest’ultimo particolarmente importante. Non solo perche’ lo stivale era effettivamente diviso in diverse realta’ geopolitiche in perenne conflitto tra loro. Ma anche perche’ , ad un certo punto, tale debolezza geopolitica fu sfruttata dalle grandi potenze per imporre il loro dominio sul bel Paese e sottomettere, in modo piu’ o meno totale, i suoi vari stati. L’importanza geopolitica dell’Italia dell’epoca era veramente eccezionale. Non solo per la posizione geografica della stessa (al centro del mediterraneo e dei suoi traffici commerciali) ma anche per il suo poderoso sviluppo economico ( il contesto geografico italiano era, ai tempi, l’area  economicamente piu’ sviluppata d’Europa assieme a quella dei Paesi Bassi). Se i principali stati italiani dell’epoca avessero saputo unirsi in una federazione ( o se uno tra essi avesse potuto prevalere militarmente sugli altri inglobandoli) la realta’ geopolitica italiana sarebbe stata sicuramente la piu’ potente ed influente nel continente europeo dal momento che neanche i tre stati europei piu’ potenti dell’epoca (l’Inghilterra, la Francia e  la Spagna) potevano vantare uno sviluppo economico comparabile a quello che si materializzo’ nell’Italia centro-settentrionale. Fu in questa parte di mondo, infatti, che ebbe vita il moderno capitalismo finanziario ed il sistema creditizio cosi’ come lo conosciamo oggi. In particolare fu Firenze il cuore economico della penisola italiana. Qui, infatti, un tessuto sociale molto sviluppato (a Firenze la borghesia cittadina aveva saputo fondersi con la nobilta’ locale senza troppi problemi) consenti’ un poderoso sviluppo commerciale ed industriale quasi rivoluzionario per l’epoca. I banchieri fiorentini divennero talmente ricchi da poter fare credito anche ai sovrani inglesi e a quelli francesi. Lo sviluppo delle arti, della letteratura  e del pensiero politico non furono che la logica conseguenza di questo prodigioso sviluppo economico. Che non aveva eguali nel mondo se non nelle piccole fiandre, anch’esse protagoniste di un vero miracolo economico in quello stesso periodo. Il rinascimento economico, sociale ed artistico italiano, celeberrimo in tutti il mondo, non fu pero’ accompagnato da un vero e proprio rinascimento geopolitico della penisola italiana. Anzi. Il destino volle che, nel momento in cui lo sviluppo economico ed artistico raggiunse il suo apice, l’Italia piombo’ nell’incubo dell’occupazione straniera. Che alla fine stronco’ , insieme all’indipendenza, la ricchezza e lo splendore artistico del bel Paese. Purtroppo, a differenza di quanto fecero le citta’-stato greche di fronte all’invasione persiana, gli stati italiani non seppero unirsi di fronte all’arrivo degli eserciti stranieri. Con ovvie conseguenze sull’assetto geopolitico e sull’indipendenza della penisola. La “questione italiana”, iniziata con la discesa dei Longobardi nel corso del VI secolo d.c., non trovera’ soluzione fino alla seconda meta’ del XIX secolo, con i risvolti storici che ben conosciamo. Eppure lo sviluppo economico, politico e sociale che trovo’ espressione nella rinascita delle citta’ e del commercio dopo l’anno 1000 avrebbe potuto dare un’impronta diversa allo sviluppo storico del bel paese. Ma il particolarismo non fu mai superato del tutto. E gli interessi geopolitici dei vari stati italiani non furono mai pienamente convergenti. Roma (lo stato della Chiesa) fu coinvolta in una lotta estenuante contro il Sacro Romano Impero (ed i suoi imperatori dalla morte di Carlo Magno fino a tutto il XIII secolo) per affermare la superiorita’ del potere spirituale su quello temporale ( esponendo tutta la penisola alle scorrerie degli eserciti imperiali). Venezia e Genova non erano interessate che ai propri traffici commerciali ( ed in misura molto minore a conquiste territoriale oltre i propri confini) che ripresero in grande stile verso la fine  del X secolo (allorche’ fu ridimensionato e sconfitto il pericolo rappresentato dalla pirateria musulmana nel mediterraneo). Milano e Firenze furono interessate piu’ che altro al loro specifico contesto regionale. L’Italia meridionale, per la sua ricchezza  e per il suo sviluppo economico ( questa parte della penisola italiana fu sottoposta, fino al X secolo, in larga parte al controllo dell’impero bizantino che mantenne un sistema amministrativo ed un modello economico di stampo imperiale e quindi non propriamente feudale che ne fece un “unicum” nel panorama politico e geopolitico dell’epoca) fu , gia’ nel corso del X secolo, oggetto di mire straniere. Vi si insediarono prima i normanni, poi i tedeschi (gli Hohenstaufen), in seguito gli angioini ( legati alla corona francese) e poi gli aragonosi ( legati  alla corona spagnola). Una tale cornice geopolitica rese precaria e conflittuale la realta’ dei diversi stati italiani. Che non seppero, nonostante lo sviluppo economico da essi prodotto, reagire all’invasione straniera nel momento in cui questa si verifico’ 

IL PENSIERO POLITICO NELL’ITALIA RINASCIMENTALE: PROFILO ED ANALISI

E’ facile immaginare come un siffatto quadro geopolitico rendesse necessaria una disamina  sulla situazione geopolitica italiana e sulla intrinseca fragilita’. Ma non furono solo le circostanze, drammatiche ed oggettive, della situazione geopolitica del bel paese a dar impulso al dibattito politico italiano del ‘500 ( anche se per la corrente realista di quest’ultimo essa fu spunto e premessa essenziale). In questa particolare fase storica si inserirono nella speculazione concettuale, politica e non, anche l’influenza del modo classico e dei suoi sistemi filosofici. Non dimentichiamoci che il rinascimento italiano ( che rappresenta soprattutto la riscoperta della vita e delle possibilita’ creatrici dell’uomo dopo l’abnegazione, di stampo confessionale, del medioevo) fu profondamente influenzato dal mondo classico e dalla sua cultura ( pian piano riscoperto grazie al ritrovamento di opere letterarie di autori greci e romani conservate nei monasteri e in biblioteche ecclesiastiche) visto come modello esemplare cui ispirarsi per quel ritorno “nell’al di qua” della vita umana dopo secoli in cui quest’ultima fu concepita solo in funzione dell’ al di la e del giudizio universale. La riscoperta della vita avvenne dapprima con la riscoperta del passato e del mondo classico ( con il profondo interesse per gli studia humanitatis e per il patrimonio letterario, artistico e filosofico del mondo classico) e poi con l’esaltazione delle facolta’ proprie dell’uomo in grado di crearsi da se il suo futuro ed il proprio posto al sole nel mondo (la concezione dell’ homo suae fortunae faber). Tale visione, tutta borghese, rifletteva i profondi cambiamenti sociali che avevano portato ad una  vera e propria “rivoluzione kopernicana” nel pensiero e nella concezione d’esistenza nelle realta’ geopolitiche ed economiche piu’ dinamiche del tempo. Tale rivoluzione fu appunto diretta conseguenza dell’ascesa politica e sociale della borghesia all’interno del tessuto sociale e delle istituzioni nelle grandi signorie italiane. E dello sviluppo economico che rendeva gli uomini piu’ indipendenti rispetto a concezioni dogmatiche che, adatte ad uno societa’ povera ed economicamente statica come quella medievale, non risultavano piu’ aderenti ad un contesto economico dinamico come quello che maturo’ nell’Italia centrosettentrionale gia’ dalla fine del XIV secolo. L’influsso del pensiero classico, in special modo quello di Platone ed Aristotele, sul pensiero politico della prima fase del rinascimento italiano (definita anche “umanesimo” e preponderante nel corso del ‘400) fu molte forte. Ed alimento’ la corrente dell’idealismo politico ( che si contrappone  a quella, prevalente nel corso del del ‘500, del realismo politico). Tale corrente trae dalla repubblica di Platone la proprie ispirazione e prospetta dei modelli di organizzazione politica e sociale che non si riscontrano in nessun luogo nel mondo ( dal termine Utopia ovvero, appunto, “in nessun luogo”). Tale concezioni politiche rappresentano il trionfo del “dover essere” sull’essere. Dell’idea sulla realta’. Prospettano la comunione dei beni ed una societa’ giusta alla cui guida dovevano esserci i filosofi. I soli ad aver le competenze necessarie per gestire la macchina statale secondo giustizia. I due principali autori di questa corrente furono Tommaso Moro e Tommaso Campanella. Il primo e’ l’autore de “l’Utopia” . Il secondo della “Citta del sole”. Entrambe queste opero ebbero larga eco sul pensiero politico e sulla cultura rinascimentale. L’altra corrente, molto florida in Italia nel corso del ‘500, e’ quella del realismo politico. Tale corrente di pensiero fonda la sua analisi (nonche’ le proprie conclusioni) sulla specifica  realta’ politica e geopolitica del tempo. Ed anche su una profonda analisi antropologica. Come si fa a definire la natura della politica e dello stato se prima non si considera la vera natura dell’uomo, con tutte le sue implicazioni sociali ? La natura dello stato e della politica devono essere intimamente connessi alla natura umana. Una natura sostanzialmente malvagia e profondamente egoistica. Poco incline ad adoperarsi per il bene comune in modo spontaneo. L’essere umano persegue naturalmente il suo specifico interesse e non quello della collettivita’ in quanto tale. Che anzi, gli risulta quai del tutto estraneo. Ne risulta che senza lo stato, il cui fine e’ appunto quello di reprimere e limitare gli impulsi egoistici di ogni individuo, gli esseri umani vivrebbero in uno stato di perenne conflitto, senza regole e sena azione comune.  Lo stato e’ appunto lo strumento attraverso il quale la natura e l’azione umana viene ricondotta coercitivamente al bene collettivo, all’interesse della societa’ nel suo complesso. Tale visione dello stato e’ presente nei grandi autori della corrente realista del pensiero politico rinascimentale. In particolare in Machiavelli e Guicciardini, i due principali rappresentanti di questa corrente di pensiero. Lungi dall’essere il frutto di un sistema filosofico o di un’astratta idea di qualsivoglia moralita’, la natura dello stato e della politica hanno la loro ragion d’essere nelle specificita’ della natura umana e nella dinamica, barbara e spietata, dei rapporti e della competizione fra le nazioni del pianeta (lo studio di tale dinamica  e’ il vero oggetto della disciplina geopolitica). Avendo ognuna, come proprio specifico interesse, il mantenimento e l’espansione di se stessa. Cosa che, ovviamente, e’ la ver causa dei conflitti e delle guerra fra le varie nazioni del pianeta. Machiavelli e Guicciardini traggono queste conclusioni dalle proprie esperienze reali in qualita’ di uomini di stato della repubblica fiorentina. E non da convinzioni filosofiche o religiose personali. Dall’esperienza politica vissuta e dall’osservazione (e dall’analisi) delle dinamiche politiche e geopolitiche contemporanee. Questo e’ il vero pregio della loro opera ( come pure di altro autori, frequentatori abituali dei famosi orti oricellari a Firenze). L’aver riportato alla realta’ la speculazione filosofica del rinascimento. Nella consapevolezza che un conto e’ l’idea ed un conto la realta’ in tutto il suo disincanto.

IL PENSIERO POLITICO NELL’ITALIA RINASCIMENTALE: CONCLUSIONI

Il pensiero politico del rinascimento puo’ quindi essere definito come il frutto della speculazione filosofica del tempo (successiva alla riscoperta del mondo classico e dei suoi sistemi filosofici e politici) e dell’analisi della dinamica politica e geopolitica italiana del ‘400 e nel ‘500 nonche’ della natura umana e delle sue specificita’. Gli esiti profondamenti diversi a cui i vari autori giunsero rappresentano il frutto di diverse visioni concettuali, del tutto naturali in un periodo storico in cui l’uomo, dopo quasi mille anni di buio economico e concettuale, riscopri’ le sue intrinseche capacita’ creative. L’uomo rinascimentale e’ in fondo l’uomo che torna alla vita, dopo una fase storica oscurantista , in cui la visione dell’uomo, della natura e del mondo non potevano prescindere dalla dimensione trascendente del giudizio universale. L’uomo del medioevo non viveva che in funzione del giudizio divino e della vita post mortem. L’uomo rinascimentale vive per realizzarsi in questo mondo. Per godere la vita in questo mondo. E analizza quest’ultimo per dominarlo e metterlo al proprio servizio. Con un’atteggiamento attivo e non piu’ esclusivamente passivo. E’ del tutto normale che, tornato alla vita, affronta la realta’ politica in modo molto eterogeneo e in base al tessuto culturale prevalente in quella specifica cornice storica che e’ il periodo rinascimentale. In cui l’uomo riscopre la vita guardando al passato. A quel mondo classico che vedeva come un mondo esemplare. Una sorta di primavera della storia dell’umanita’ prima dell’ “autunno medievale”. Impensabile quindi che l’opera d Platone non impattasse sulla speculazione politica e filosofica del tempo. Producendo capolavori del pensiero politico come l’Utopia e la Citta’ del Sole. Ed e’ impensabile, al tempo stesso, che la situazione politica ( con la fine della realta’ comunale e l’avvento delle signorie nelle principali citta’ italiane) e geopolitica (con i perenni conflitti tra i principali stati della penisola italiana ed infine l’invasione straniera del bel Paese) del tempo non producesse una riflessione politica di matrice realista. Volta ad approfondire le cause e le conseguenze di tali sviluppi. Nonche’ a proporre soluzioni per risolvere i gravissimi problemi esistenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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